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Economia | | 17 Settembre 2018
Impresa sociale, le sfide di Musella:
"Serve coniugare teoria e prassi"
Impresa sociale, le sfide di Musella: "Serve coniugare teoria e prassi"

Una nuova conoscenza per l’innovazione e lo sviluppo: questo il titolo del XVI Workshop sull’impresa sociale andato in scena a Riva del Garda. Qui qualche riflessione e provocazione lanciata nel corso della plenaria di apertura, “La conoscenza crea sviluppo?”, cui hanno partecipato Marco Musella, professore di Economia Politica all’Università Federico II di Napoli e presidente di Iris Network, Francesco Profumo, già ministro dell’Istruzione e Presidente della Compagnia di San Paolo e Felice Scalvini, uno dei protagonisti della cooperazione sociale italiana, presidente di Assifero e da poco di Fondazione Asm.
«Presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male»: Musella è partito citando Keynes per raccontare di come la storia dell’impresa sociale e di tante singole imprese sociali testimoni quanto conta il binomio dialettico fra idee ed esperienze, riflessione teorica e prassi. Oggi - dopo il riconoscimento giuridico e dopo la riforma del Terzo settore - si apre un nuovo capitolo della storia, una «nuova stagione» in cui occorre «una nuova sinergia, una nuova alleanza fra teoria e prassi», in cui «la ricerca deve accompagnare il percorso». Come? Con quali declinazioni? Musella ha tracciato quattro sfide interne e quattro esterne. Le sfide interne sono governance e democrazia, per rendere le imprese sociali partecipate dai diversi stakeholder; la finanza («esiste il rischio che l’impresa sociale sia attratta dentro una finanzia speculativa che si autoalimenta», ha detto Musella); la tecnologia, con la necessitò di riprogettare i cicli produttivi; le nuove professionalità (a partire dai manager dell’impresa sociale). Le sfide esterne invece sono culturali (l’homo economicus, l’imprenditorialità diffusa, l’umanizzazione delle tecnologie) e sociali e politiche (riferimento ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile).
Francesco Profumo ha illustrato le novità interne alla Compagnia di San Paolo, con una forte riflessione sul ruolo delle fondazioni ex bancarie: da erogatori di risorse tramite grant a soggetti che fanno da apripista, per sperimentare e consegnare risultati. «Ci stiamo trasformando in un agente di sviluppo, un hub di conoscenze e competenze, con una leva finanziaria che sia anche blending», con quote di risorse pay by result.
Tanti gli spunti lanciati da Felice Scalvini. «Se è vero che la conoscenza genera sviluppo e ne siamo convinti, siamo disposti – singolarmente e collettivamente – a investire in conoscenza, quanto siamo disposti a mettere risorse nei luoghi di accumulazione delle conoscenze? Io vedo poca affezione alla costruzione dei luoghi in cui si produce conoscenza. C’è nel budget delle nostre organizzazioni uno 0 virgola qualcosa destinato all’investimento in conoscenza? Quanto individualmente investiamo nella costante formazione e aggiornamento della nostra professionalità? Perché alle fondazioni invece di chiedere il finanziamento di un progetto non chiediamo risorse per fare più ricerca sociale e giuridica?», ha detto. «Le pratiche sociali non riescono più a sfidare la politica, dobbiamo tornare a sfidare la politica. Nel Codice del Terzo settore c’è una “parola negletta”, «coprogrammazione», che è qualcosa di più alto della coprogettazione per la gestione di un servizio. Il Terzo settore non deve rappresentare le proprie istanze alla politica ma immaginare il futuro di un territorio, sfidando la politica con ipotesi programmatorie».

(fonte: Vita.it)

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